AUSTRALIA

 

 

Quello che segue e’ il racconto del viaggio che ho fatto nella mitica Australia tra il 21 settembre e il 19 ottobre 1996 che mi ha portato a visitare le zone comprese tra Perth, Alice Springs, Darwin, Cairns, Brisbane e Sydney.

Visto che viaggiavo da solo la scelta dell’ostello era praticamente obbligata; tutte le guide che avevo letto dicono che l’Australia e’ forse il paese che offre piu’ assistenza per i viaggiatori con budget limitato. Anche nei piu’ piccoli paesi si trova un ostello, la spesa per una notte si aggira sui 15-18 A$; gli ostelli si dividono in 2 gruppi, quelli pubblici che aderiscono all’associazione mondiale degli ostelli (Y.H.A.) e quelli privati. La differenza principale tra i due e’ che in quelli privati c’e’ un po’ piu’ di liberta’ nel senso che le camere e i servizi sono in comune con le rappresentanti del gentil-sesso, si ha la possibilita’ di consumare alcolici e in quasi tutti c’e’ un bar-discoteca dove vengono organizzate tutte le sere delle feste. Io ho dormito quasi esclusivamente negli ostelli della Y.H.A. perche’ avevo fatto in Italia la tessera e perche’ ho cominciato a conoscere gli altri solo verso la fine del viaggio.

La tessere della Y.H.A. da inoltre diritto ad un sacco di sconti soprattutto per i tour che vengono organizzati nelle varie localita’, anche se non l’avessi usata per i pernottamenti l’ho abbondantemente ripagata con gli sconti che ho ottenuto.

Il livello degli ostelli e’ decisamente buono, sono molto puliti, la zona cucina e’ molto ben attrezzata, sono quasi tutti dotati di piscina (anche se a volte e’ poco piu’ grossa di una vasca da bagno),  inoltre funzionano quasi tutti da agenzia viaggi praticando ottimi prezzi e soprattutto sono molto sicuri ma del resto l’Australia e’ un paese dove la criminalita’ e’ quasi assente, in un mese in pratica non ho mai visto la polizia.

Un’altra cosa che vale la pena fare e’ di prendere le pubblicazioni (gratuite) che si trovano negli ostelli, sono una fonte di informazioni aggiornate della zona che si sta visitando.

I frequentatori degli ostelli (backpackers= saccopelisti) girano il paese fermandosi minimo 3 mesi ma la media era di 6-12 mesi. Quando dicevo che mi fermavo "solo" 1 mese si mettevano tutti a ridere dicendomi che in cosi’ poco tempo non potevo vedere niente. Quasi tutti avevano il visto lavorativo che puo’ essere fatto fino all’eta’ di 26 anni e che da possibilita’ di fare piccoli lavori; anche da questo punto di vista c’e’ molta organizzazione nel senso che e’ abbastanza facile trovar lavoro, nelle grandi città come camerieri, giardinieri o fattorini nel resto del paese e soprattutto lungo la costa est cercano manodopera per la raccolta della frutta (banane, manghi e in genere frutta tropicale). Molte persone si comprano addirittura una macchina che usano per girare il paese e che poi rivendono prima di ripartire, le pratiche per la compra/vendita sono molto semplici da espletare e nelle bacheche degli ostelli si trovano un sacco di offerte.

Quanto agli australiani sono forse un po’ "matti" ma molto simpatici e soprattutto cordialissimi; la cosa che piu’ mia ha stupito e’ stato vedere un sacco di persone camminare scalze anche nel pieno centro delle citta’. Inoltre hanno una pronuncia abbastanza strana nel senso che usano parlare con la a aperta, ad es. dicono oka’y o toda’y; nel centro del paese hanno addirittura un accento che per me era quasi incomprensibile (ma poi ho scoperto che era cosi’ anche per i madrelingua come alcuni irlandesi o inglesi che ho incontrato).

La qualita’ della vita e’ decisamente alta, le citta’ sono a misura d’uomo, piene di verde con ottimi servizi pubblici e con poco traffico, come gia’ detto poi la criminalita’ e’ quasi assente; il caos e la frenesia che si trova nelle nostre citta’ non sanno nemmeno cosa siano e tutto questo incide sul carattere delle persone sempre gentili e disponibili. Il costo della vita mi e’ sembrato piu’ o meno paragonabile al nostro, forse nel centro del paese dove gli approvvigionamenti sono piu’ difficili i prezzi sono maggiorati.

Quello che comunque mi e’ piu’ rimasto impresso nella mente e’ la vastita’ dei territori, a confronto dei deserti americani che ho visitato, qui e’ tutto moltiplicato per 10, si viaggia per migliaia di Km senza vedere nulla circondati soltanto dal bush (la boscaglia australiana, cioe’ alberi ed arbusti molto bassi); anche sulla costa est che e’ quella piu’ abitata tra una citta’ e l’altra non c’e’ assolutamente nulla.

Una cosa che invece mi ha fatto molta molta pena e’ stato il vedere in che condizioni vivono gli aborigeni, infatti l’uomo bianco e la "civilta’" hanno di fatto distrutto questo popolo. Quelli che hanno cercato di "civilizzarsi" vivono ai margini delle citta’ distrutti dall’alcool; la situazione e’ un po’ migliore per quelli che hanno deciso di vivere secondo le loro tradizioni nelle terre che il governo ha cominciato a restituirgli, ma di fatto sono sempre confinati.

 

L’arrivo a Perth era previsto per le 6 di mattina, la rotta aerea da Hong Kong prevedeva il sorvolo della costa ovest australiana, non appena ha cominciato a sorgere il sole, ho potuto ammirare dal mio finestrino un bellissimo contrasto di colori visto che dall’immensa distesa rossa del deserto si passava all’arancione del sole per arrivare al blu intenso del cielo.

Non appena arrivato mi sono precipitato a prendere il bus per l’ostello; la maggior parte degli ostelli dei ristoranti e dei locali si trovano nel quartiere di Northbridge proprio dietro la stazione. Dopo un breve riposino per riprendermi dal viaggio sono uscito per farmi un giretto a piedi. L’impressione sulla città e’ che deve essere un bel posto dove vivere visto che non fa mai freddo (non ci sono i termosifoni nelle case) c’e’ molto verde e molta tranquillita’, sono arrivato di sabato e il traffico era paragonabile a quello di Milano il giorno di ferragosto, ma turisticamente c’e’ poco o nulla da vedere, oltre al centro pieno di negozi ho fatto un giretto per il Kings Park che e’ un parco botanico dove si possono fare delle belle passeggiate.

Nota positiva, i trasporti all’interno della citta’ sono gratis (a dir la verita’ non ho ben capito se la cosa vale solo sabato e domenica o tutti i giorni).

La sera dopo una veloce cena avevo deciso fare un salto in qualche pub per fare conoscenza con i locali, purtroppo un fortissimo temporale me lo ha impedito. Per mangiare ho optato per un locale molto diffuso nelle citta’ australiane, si tratta di una specie di self-service dove e’ possibile gustare cibi di vari paesi (cinese, malese, giapponese, italiano, messicano e via dicendo), la spesa si aggira mediamente sui 10-12 A$.

Il mattino dopo ho deciso di farmi un giro a Freemantle che si trova a circa 20 Km da Perth; questo piccolo paesino e’ famoso perche’ qualche anno fa vi si e’ disputata l’America’s Cup che se non ricordo male e’ stata vinta proprio dagli Australiani. Appena arrivato mi sono fiondato in un bar che mi sembrava molto carino (piu’ che il bar era carina la cameriera!!), dopo aver chiesto se preparavano il cappuccino mi sono sentito rispondere che era stato inventato da loro (mah!!!!); comunque gli australiani sono amanti del cappuccino ed e’ possibile trovarlo un po’ dappertutto.

Anche a Freemantle non c’e’ molto da vedere, il mercato coperto nel centro e un altro dietro la stazione. Quello che vale la pena menzionare e’ un specie di fast food dove si mangia dell’ottimo pesce, ho mangiato 1/2 aragosta con gamberoni e ostriche per 18 A$, si chiama Kaili’s Seafood Takeaway e si trova nella zona del porto. I crostacei e i frutti di mare in Australia sono ottimi e costano molto meno che da noi, le cozze per esempio sono giganti (hanno pero’ un sapore leggermente diverso dalle nostre).

Il lunedi’ mattina ho cominciato quella che probabilmente e’ stata la parte piu’ emozionante del viaggio, in 8 giorni avrei attraversato il deserto fino ad Alice Springs per poi proseguire fino a Darwin, avevo prenotato questa parte del viaggio tramite un'agenzia di Perth, la Travelabout. Il ritrovo fortunatamente era vicino all’ostello, dico fortunatamente perche’ ho cominciato a rendermi conto che la scelta di portare la valigia rigida invece dello zaino non era stata molto felice. Il mio gruppo era composto da 8 persone, non appena sistemati i bagagli e’ cominciata quella che sarebbe stata essenzialmente una tappa di trasferimento quasi tutta su strada asfaltata. Il mezzo che usavamo era un grosso gippone attrezzato di tutto punto per l’attraversamento di zone impervie e con l’occorrente per mangiare e dormire. Durante il tragitto Roger (la nostra guida) ci ha spiegato che in serata avremmo pernottato nei pressi di Laverton ai margini del Great Victoria Desert, nei 2 giorni seguenti avremmo percorso tutta la Warburton Road (che e’ una pista in terra battuta) fino ad Ayers Rock.

Arrivati nei pressi del paese Roger ha scelto la radura dove avrei passato la mia notte da Bushman. Una volta scaricati i bagagli e tutta l’attrezzatura abbiamo cominciato a montare il campo e ad accendere il fuoco (faceva decisamente freddo), la caratteristica di questi tour e’ che tutti partecipano alla vita del campo (un po’ come nei boy scout). Dopo la cena consumata davanti al fuoco ci siamo preparati per la notte (la sveglia era prevista alle 4.30), per dormire abbiamo utilizzato un invenzione tutta australiana: lo swag, si tratta di un materassino avvolto in una specie telone in cui infilare il sacco a pelo, all’occorrenza lo swag e’ dotato di una protezione per la testa in caso di pioggia. Tutto sommato ci si sta abbastanza bene e poi che emozione dormire sotto le stelle in mezzo al "nulla".

La mattina seguente alle 6 avevamo gia’ fatto colazione e stavamo percorrendo la pista, a quell’ora il sole era gia’ alto, infatti in Australia il sole sorge e tramonta molto presto. All’interno del gippone avevo la sensazione di trovarmi su una diligenza, la velocita’ (la media era di circa 100-120 Km/h) e la strada non proprio battuta provocavano un certo "traballamento". Quanto al paesaggio ero circondato solo e soltanto dal bush, ogni tanto si incontravano dei veri e propri boschetti pieni di fiori, guardando piu’ attentamente si scorgevano un’infinita’ di pappagalletti appollaiati sugli alberi. Con una certa frequenza poi incontravamo delle carcasse di auto, Roger ci ha spiegato che i bianchi vendono dei vecchissimi scarcassoni agli aborigeni, questi ultimi non avendo il senso della misura rimangono spesso senza benzina od olio per il motore e quindi abbandonano le auto ai lati della pista, ogni tanto poi passa una specie di gru che le impila una sull’altra (non ho capito perche’ non le portano via).

La seconda sera ci siamo accampati in un boschetto, per cena ci aspettavano gli spaghetti, purtroppo il classico ragu’ era "ucciso" dal mais dal ketchup e schifezze del genere, tutto sommato pero’ (complice anche la fame) li ho mangiati!!!

Mentre si cenava udivamo gli ululati dei dingo, la mattina seguente dopo aver sbaraccato il campo uno e’ venuto a farci visita in cerca di cibo.

Gli unici segni di civilta’ li abbiamo trovati nei 2 posti in cui ci siamo fermati a fare benzina, la prima volta in una fattoria, non ho ben capito cosa potesse coltivare il padrone nel deserto, ho notato pero’ che aveva molti figli!!! La seconda volta in un minuscolo paesino che se non ricordo male si chiama Warrakurna.

La fine di questa parte del viaggio e’ stata preannunciata dall’immensa figura dell’Ayers Rock, non immaginavo infatti che fosse cosi’ grosso (9 Km di circonferenza per 348 mt di altezza).

Stiamo stati scaricati da Roger nel campeggio vicino ad Uluru (il nome aborigeno di Ayers Rock), avremmo dovuto aspettare un paio d’ore l’arrivo del nuovo gruppo a cui ci saremmo aggregati per 3 giorni.

Dopo una veloce doccia (ne sentivo il bisogno dopo 2 giorni passati nella polvere), abbiamo incontrato la nuova guida Mick e i nuovi compagni di viaggio (siamo passati da 8 a 22 persone).

Dopo un pranzo a base di sandwich, ci siamo diretti verso le Olgas (Kata Tjuta) per fare una camminata in mezzo alle gole di questa strana formazione rocciosa.

In questa occasione ho avuto modo di conoscere una delle piu’ grandi paure degli australiani e cioe’ il sole; quando si doveva scendere dal pulmino, anche per fare una brevissima camminata tutte le persone si cospargevano di crema solare protezione 15 (tutti i pulmini ne avevano un barattolone), pare infatti che sopra l’Australia il buco dell’ozono sia particolarmente accentuato e che la percentuale dei tumori alla pelle sia tra le piu’ alte al mondo.

Verso le 18 ci siamo preparati ad assistere al tramonto sul roccione rosso, per chi non lo sapesse l’Uluru ha la particolarita’ di cambiare sfumatura di rosso a seconda della luce che si rifrange sulla sua roccia, mi sono preparato con cavalletto e macchina fotografica cosi’ mentre si brindava con lo spumante ho scattato una trentina di foto, le ragazze americane di fianco a me pensavano fossi un po’ matto a scattare tutte quelle foto ad un roccione.

La sera dopo cena ci siamo riuniti davanti al fuoco (non per scaldarci visto che da quelle parti fa molto caldo anche la notte) e abbiamo provato uno strumento musicale aborigeno: il Dijerido, si tratta di un lungo (80-100 cm) ramo svuotato, per suonarlo bisogna appoggiare la bocca ad una estremita’ e far uscire l’aria con uno strano movimento delle labbra; alla fine dopo un po’ di tentativi siamo riusciti tutti ad emettere qualche suono.

La mattina seguente dopo la solita levataccia alle 4.30 siamo tornati all’Uluru, si trattava di scegliere tra la scalata al monte (che e’ molto impegnativa, nel primo tratto bisogna addirittura aggrapparsi ad una catena) o il giro a piedi alla base.

Con altri 3 ragazzi abbiamo optato per il giro, questo perche’ gli aborigeni considerano l’Uluru una montagna sacra e quindi chiedono di non scalarlo. Dopo aver scaricato gli scalatori siamo andati ad assistere al sorgere del sole, a dir la verita’ l’ho trovato meno emozionante del tramonto visto che la parte della roccia che si ammira e’ meno fotogenica dell’altra.

Seguendo il sentiero che corre attorno alla montagna, si possono osservare varie grotte e luoghi sacri; mi e’ rimasta impressa in particolare un’immensa grotta che ricorda la bocca aperta di un pescecane. Alcuni punti hanno un significato particolare per gli aborigeni e i cartelli chiedono di non scattare foto.

Oltre al caldo da queste parti, si cammina con la spiacevole compagnia delle mosche, alcune persone portavano addirittura dei cappellini con la retina che piu’ avanti mi sarei pentito di non aver comprato.

Nel pomeriggio siamo ripartiti per il Kings Canyon, lungo la strada ci siamo fermati a far incetta di rami secchi che avremmo usato la sera per fare un immenso fuoco. Per cena Mick ci avrebbe preparato una sua specialita’ e cioe’ carne di Emu’ (che e’ una specie di struzzo e sa vagamente di pollo) con salsa ai peperoni con contorno di verdure varie, il tutto cotto in dei grossi marmittoni sul fuoco. Dopo cena pero’ e’ toccato a me ed a un ragazzo inglese pulire i pentoloni, alla fine avevamo le braccia completamente annerite.

La mattina seguente di buon ora abbiamo cominciato la camminata attorno al Canyon, effettivamente vale la pena farla nelle prime ore del giorno per camminare con una temperatura accettabile. In circa 3 ore abbiamo potuto ammirare queste bellissime formazioni rocciose erose dal vento. In questa occasione ho potuto sperimentare le mie scarpe da trekking acquistate proprio per questo viaggio e che si sono rivelate indispensabili.

Prima di ripartire ci siamo fermati in una riserva aborigena dove il capo-tribu’ ci ha parlato un po’ delle loro tradizioni.

In serata una volta arrivati ad Alice Springs, ci siamo preparati per il party di fine tour; dopo aver cenato con carni di canguro, cammello e bufalo alla brace ci siamo scatenati in folli balli; questo e’ forse stato il gruppo con cui mi sono piu’ divertito e mi e’ spiaciuto un po’ doverli lasciare.

La mattina seguente mi sono unito al nuovo gruppo composto da circa 50 persone, avremmo percorso la Stuart highway da Alice Springs a Darwin; per circa 800 Km non c’e’ molto da vedere tranne il punto in cui si attraversa il tropico del Capricorno e i Devil’s Marble che sono delle strane formazioni rocciose a forma di palla.

Su questa autostrada se cosi’ si puo’ chiamare visto che e’ paragonabile ad una nostra strada provinciale s’incontrano i road train che sono dei lunghissimi TIR composti da 3-4 o piu’ rimorchi che devono essere superati con molta molta attenzione. Purtroppo ai lati della strada si vedevano moltissimi canguri morti, essendo il traffico molto scarso infatti, gli animali non hanno paura ad attraversare la strada; per questo motivo, ogni veicolo da quelle parti e’ dotato di una grata che ne protegge la parte anteriore.

Per la notte ci siamo accampati nel villaggio di Daly Waters famoso piu’ che altro perche’ ospita uno dei pub piu’ famosi d’Australia il Daly Waters Pub. Da quelle parti se si chiede una birra in lattina o in bottiglia questa viene inserita in un contenitore termico che la mantiene fresca, se invece la si prende alla spina Il barista prende il bicchiere dal freezer!!

Man mano che si prosegue verso nord il paesaggio diventa sempre piu’ verde, ai margini di quello che viene chiamato Top End si trova Mataranka famosa per le sue sorgenti termali; dopo giorni e giorni di deserto, il bagno in questa piscina naturale nel mezzo di un palmeto e con l’acqua a 33 gradi e’ decisamente rilassante.

Tappa successiva era il parco di Katherine, dopo esserci sistemati nel campo siamo andati a fare un altro bagno in un’ansa del fiume che scorre li’ vicino; a dir la verita’, avevamo un po’ di paura a buttarci in acqua visto che era tutto molto tranquillo, sembrava che da un momento all’altro potesse saltar fuori qualche coccodrillaccio!!

Nel Top End i coccodrilli sono molto diffusi, si dividono in 2 grosse categorie: i freshwater che misurano 2-3 metri e pare non siano aggressivi e i saltwater che sono molto piu’ grossi e soprattutto cattivi; a dir la verita’ comunque ho cercato di tenermi lontano sia dagli uni che dagli altri.

Ci siamo fermati in questo parco per poter visitare i Katherine Gorge, si tratta di una serie di canyon attraversati da un corso d’acqua; per visitarli si puo’ scegliere tra la barca a motore o la canoa. Durante la stagione secca (da maggio ad ottobre) per passare tra un gorge e l’altro bisogna superare una serie di rocce e quindi le persone che avevano scelto la canoa se la sono dovuta caricare in spalla mentre noi altri ci spostavamo a piedi per prendere un’altra barca che ci aspettava nel gorge seguente.

Prima di arrivare a Darwin, abbiamo fatto una sosta alle Edith Falls che cadono in un bel laghetto "crocodile free" ed un’altra per poter vedere Charlie, il bufalo ipnotizzato da Mr. Crocodile Dundee nell’omonimo film; piu’ che per questo, vale la pena menzionare questo posto che si trova in prossimita’ dell’incrocio fra l’autostrada e l’Adelaide River perche’ c’e’ un chiosco dove si possono fare degli ottimi acquisti di artigianato aborigeno; c’erano tra le altre cose dei bellissimi Dijerido ad un buon prezzo (circa 80 A$).

Arrivati a Darwin ho salutato i compagni di viaggio e mi sono sistemato nell’ostello della Y.H.A. che e’ il migliore che ho trovato in tutta l’Australia anche perche’ e’ stato inaugurato nel giugno 1996.

Nei 2 giorni successivi avrei visitato il ‘Kakadu National park’ che e’ una delle grandi meraviglie australiane; questa volta il gruppo era composto da 9 persone. Appena arrivati in prossimita’ del parco ci siamo fermati sulle rive dell’Adelaide River per una piccola crociera per assistere al ‘Jumping crocodile’, vedro’ di spiegare di cosa si tratta: non appena la barca si avvicinava a qualche coccodrillone (questo tratto del fiume e’ infestato dai saltwater) un addetto faceva penzolare con una specie di canna da pesca un pezzo di carne, il coccodrillo per prenderlo saltava fuori dall’acqua per l’intera sua lunghezza.

Arrivati nel Kakadu, ho scoperto che il mio tour non comprendeva il giro in battello sullo Yellow Waters che e’ la cosa piu’ bella ed interessante che si possa fare nel parco visto che da la possibilita’ di ammirare un gran numero di animali. Nel pomeriggio ci siamo recati a Jabiru dove e’ possibile ammirare una serie di dipinti rupestri aborigeni.

Nel parco ho avuto il "piacere" di reincontrare delle simpatiche amiche: le MOSCHE!! Se la loro presenza nel deserto era fastidiosa, nel Kakadu era addirittura insopportabile, dopo una camminata con un caldo ed un’umidita’ pazzesca e con la faccia letteralmente coperta da questi esserini, si rientrava nel pulmino per rinfrescarsi un po’ con l’aria condizionata ma l’abitacolo ne era completamente invaso.

Abbiamo pernottato nel campeggio del parco, fortunatamente le tende erano dotate di zanzariere cosi’ abbiamo potuto mangiare e dormire in santa pace.

All’interno del parco ci sono vari corsi d’acqua e laghetti molto molto suggestivi: le Twin Falls (che pero’ sono raggiungibili solo con mezzi 4WD) o Waterfall Creek (il laghetto dove e’ stato girato Mr. Crocodile Dundee), le nostre guide hanno scelto il Barramundi Gorge che secondo loro e’ il posto piu’ bello. Il sentiero per arrivarci e’ decisamente impervio soprattutto nell’ultimo tratto ma tanta fatica viene decisamente ripagata. Abbiamo raggiunto prima la parte superiore del gorge dove un ruscello si infila nel mezzo delle rocce formando delle pozze molto profonde ed i miei compagni di viaggio si sono cimentati in tuffi molto spericolati dalle rocce circostanti. Il ruscello si butta poi con una piccola cascata in un laghetto che abbiamo raggiunto dopo un’altra mezzora di camminata e dove abbiamo fatto un altro bagno.

Finito il tour nel Kakadu, mi sono trasferito (questa volta in aereo) a Cairns, piccola cittadina sulla costa ovest (circa 2000 Km a nord di Sydney). La citta’ in se stessa non e’ un gran che, ma e’ un’ottima base di partenza per escursioni verso la barriera corallina, l’entroterra e la foresta pluviale a nord. Ho deciso di fermarmi 4 giorni, prima di tutto per riposarmi un po’ e poi perche’ come detto c’erano molte cose da vedere. Dopo aver fatto il bucato (ne avevo proprio bisogno visto che i miei vestiti erano diventati rossi!!), mi sono fatto un giretto a piedi per la citta’. Ogni 10 metri si trovano agenzie che vendono le varie escursioni cosi’ ho fatto incetta di depliant; il lungomare (the Esplanade) e’ pieno di ristorantini, alcuni italiani avevano i nomi molto buffi come Pizzaria o La Fettuccine. Tra le varie possibilita’ ho scelto il Meeting Place dove e’ possibile gustare vari tipi di cucina per una spesa di 10-15 A$, ci sono stato 2 volte mangiando Thai e Cinese. In serata mentre passeggiavo dopo cena ho incontrato Ian un ragazzo canadese con cui avevo viaggiato da Perth ad Ayers Rock, ci siamo accordati per vederci al Wool Shed che e’ un disco-pub dove tutte le sere vengono organizzate feste per backpackers, per l’ingresso infatti bisogna esibire un biglietto (gratuito) che viene distribuito negli ostelli e che tra l’altro vale come sconto per la cena. E’ stata una serata molto divertente, la birra scorreva a fiumi e tutti si lanciavano in forsennati balli sui tavoli!!!

Per la prenotazione dei tour mi sono affidato all’agenzia dell’ostello che per i membri dell’Y.H.A. pratica ottimi sconti. Ho scelto un tour nella foresta pluviale e un tour sulla barriera corallina.

Il primo prevedeva la visita della foresta (che gli australiani chiamano Rain Forest) attorno a Cape Tribulation, in mattinata abbiamo fatto un giro in barca tra le mangrovie ed una camminata in mezzo alla foresta, nel pomeriggio invece abbiamo oltrepassato il Daintree River. In questa zona, sono molto comuni le piantagioni di canna da zucchero, di frutta tropicale e di the; un’altra particolarita’ e’ che la foresta arriva direttamente sul mare creando dei paesaggi molto suggestivi. Prima di ritornare a Cairns, ci siamo fermati in un chiosco per gustare alcuni frutti tropicali, tra gli altri mi e’ piaciuta particolarmente quella che loro chiamano mela del sud-america, a dir la verita’ secondo me ha ben poco a che fare con la mela visto che e’ molto piu’ grossa e la polpa ha la consistenza del gelato con semi molto grossi e un sapore particolare.

Per le escursioni sulla barriera corallina esistono centinai di possibilita’, dalle immersioni (anche per chi non ha il brevetto) allo snorkeling, io ho scelto di fare snorkeling su Green Island, si tratta di una piccola isola corallina che potrei definire semplicemente stupenda. Oltre al passaggio in barca, si ha la possibilita’ di noleggiare pinne e maschera (che io avevo portato dall’Italia) o fare un giro in sottomarino; per camminare tra i coralli sono assolutamente indispensabili i sandali di plastica. Il punto piu’ bello dove nuotare e’ attorno al pontile dove attraccano le barche a circa 20 metri dalla spiaggia. Sono rimasto assolutamente STRABILIATO, si nuota in mezzo a centinai di pesci di tutte le dimensioni e colori; poco prima di ripartire qualcuno ha buttato dalla barca alcuni pezzi di pane, dopo pochi secondi c’erano decine e decine di pesci enormi (sembravano delle cernie). Mi sono concesso anche un giro in idrovolante sulla barriera riuscendo a scattare delle bellissime foto.

Un escursione che purtroppo non sono riuscito a fare e’ quella al villaggio di Kuranda, che si puo’ raggiungere con un trenino che attraversa dei paesaggi molto molto suggestivi o con un ovovia che passa sopra la Rain Forest.

Lasciata Cairns la tappa successiva era Airlie Beach, ottima base di partenza per crociere in barca a vela tra le Whitsunday Islands.

Per spostarmi lungo la costa avevo acquistato il pass dei bus Greyhound che ha una rete molto capillare. I bus sono molto comodi, a chi viaggia da solo in genere il posto di fianco viene lasciato libero, lo svantaggio e’ che sono molto lenti visto che si fermano in ogni paese ed in alcuni fanno soste di 1-2 ore; per viaggi di 400-500 Km. ci vogliono circa 8 ore. Mi ha molto stupito notare come l’80-90% dei passeggeri di questo bus siano saccopelisti.

Durante il viaggio tra Cairns ed Airlie Beach ci siamo dovuti fermare ad una specie di dogana, i doganieri sono saliti sul bus ed hanno controllato attentamente tutte le borse alla ricerca di frutta. Ho scoperto cosi’ che la zona di Cairns e’ sotto quarantena perche’ la frutta e’ infestata dalla ‘mosca della papaia’, bisogna quindi evitare di portare frutta tra una citta’ e l’altra o consegnare quella che si ha ai doganieri pena multe salatissime.

Airlie Beach e’ un paesotto molto piccolo, vale la pena fermarsi solo se si ha intenzione di fare qualche crociera.

Poco prima di imbarcarmi, la mia agenzia mia ha comunicato che la mia crociera era annullata proponendomene un’altra, avrei veleggiato sull’Iceberg. Non ero mai stato su una barca a vela, ho dovuto adattarmi cosi’ a spazi ristretti, al razionamento dell’acqua e agli sballottamenti. La prima giornata e’ stata decisamente piacevole, mentre veleggiavamo tra un’isola e l’altra finalmente potevo godermi un po’ di relax prendendo il sole; lo skipper si e’ fermato in un paio di isole portandoci con il gommone in alcune baie particolarmente ricche di fauna marina, era quasi impossibile nuotare tanti erano i pesci!!!

Purtroppo con la sera sono cominciati i guai, stava per arrivare una perturbazione, che mi ha fatto scoprire di soffrire il mal di mare, cosi’ mentre i mie compagni cenavano con un bel piatto di lasagne, io ero in cabina con la nausea. Il secondo giorno la situazione non poteva che peggiorare, infatti con il mare decisamente mosso avremmo dovuto attraversare uno stretto abbastanza impegnativo, cosi’ mentre la barca si infilava tra un cavallone e l’altro, io ero impegnato a non vomitare, fortunatamente le pastiglie anti mal di mare che mi ero portato da casa hanno fatto il loro dovere. Il terzo giorno la situazione e’ migliorata leggermente, cosi’ prima di ritornare alla base siamo scesi su un’isola per fare una camminata nella foresta.

Quando finalmente ho rimesso i piedi a terra definitivamente, avrei voluto fare come il papa e cioe’ baciare il suolo!! Per mezzora poi mentre camminavo, avevo l’impressione che tutto quanto attorno a me ondeggiasse.

Tappa successiva era Hervey Bay, punto di partenza per visitare Fraser Island, l’isola di sabbia piu’ grande del mondo dichiarata dall’UNESCO Patrimonio dell’Umanita’; nel periodo tra fine agosto e ottobre vengono inoltre organizzate crociere per avvistare le balene.

Si puo’ visitare l’isola autonomamente ma ci si muove solo con mezzi 4WD e bisogna farsi rilasciare un permesso per la guida e il campeggio. Gli ostelli organizzano dei tour per i saccopelisti fornendo macchina cartine ed attrezzi da campeggio, una volta formati i gruppi (di 4-5 persone) si crea una cassa comune per l’acquisto delle vivande e si pianifica la visita dell’isola tenendo presente che il gruppo dovra’ gestire autonomamente gli eventuali imprevisti; il vantaggio principale di questi tour e’ il costo, se non ricordo male la spesa per 3 giorni e’ di 120 A$. Io per mancanza di tempo ho scelto il tour con guida di 2 giorni.

Il mio gruppo era composto da circa 20 persone e ci si spostava con un grosso mezzo 4WD. Per arrivare sull’isola abbiamo preso un piccolo traghetto; arrivati in prossimita’ della spiaggia, si e’ abbassato il portellone anteriore ed i veicoli hanno cominciato a sbarcare, la scena mi ricordava tanto lo sbarco dei Marines visto in tanti film di guerra!!

L’isola e ricoperta da una fitta foresta che e’ attraversata da stradine a senso unico che pero’ non sono battute e quindi la guida e’ abbastanza difficoltosa.

La strada principale corre ad ovest lungo la Seventy-Five miles Beach, a dir la verita’ questa spiaggia funge anche da pista di decollo/atterraggio per piccoli aerei; salito su uno di questi per un giro panoramico dell’isola ho scoperto con piacere che una ragazza del mio gruppo era italiana, Iaia e’ stata l’unica backpackers italiana che ho incontrato in mese in Australia. L’unico inconveniente dell’isola e’ che non si puo’ fare assolutamente il bagno nel mare visto che e’ infestato dai pescecani, in compenso ci sono moltissimi ruscelli e laghetti con acqua limpidissima e freschissima.

Tra i punti che mi sono piu’ piaciuti, il Waddy Point da cui si possono avvistare delfini, tartarughe marine e mante, le Champagne pool, il Lake McKenzie ed il Lake Birrabeen. Per raggiungere un altro piccolo laghetto il Lake Boomanjin abbiamo fatto una bellissima camminata attraversando un piccolo ‘deserto’. Sull’isola sono molto comuni i dingo, questo cane selvatico mangia di tutto; mentre ci trovavamo nel campeggio per il pranzo ne abbiamo visto uno mangiare un cappello, dopo qualche minuto che lo osservavamo un signore svedese del gruppo si e’ accorto che il cappello era il suo, non gli e’ rimasto che recuperare quello che rimaneva, se non altro ha portato a casa un ricordo particolare.

Tornato sulla terra ferma, mi aspettava un trasferimento in ‘notturna’ per Brisbane, parecchie persone con cui avevo parlato mi avevano detto che non valeva la pena visitarla, a me tutto sommato e’ piaciuta. Ho fatto un giretto per il centro e nel pomeriggio ho preso il bus per il Lone Pine Koala Sanctuary dove finalmente ho potuto vedere da vicino questi simpatici marsupiali.

Ultima tappa (sigh!!) del viaggio era Sydney, l’avrei raggiunta in 18 ore con il bus che costeggia tutta la costa. Per i primi 400 Km si possono osservare dei bellissimi paesaggi con spiagge immense e disabitate, fa un po’ impressione scorgere in lontananza la sagoma di Surfers Paradise la ‘Rimini’ australiana, questa cittadina e’ piena di grattacieli che fanno un po’ a pugni con il paesaggio circostante. Poco dopo Moreton Bay (posto che molti mi hanno indicato come molto bello) il bus si addentra un po’ dalla costa e quindi il viaggio diventa un po’ monotono.

L’arrivo a Sydney e’ stato decisamente emozionante, il bus ha attraversato la baia permettendomi di ammirare il Harbour Bridge e l’Opera House illuminati da una suggestiva luce. Scaricato davanti alla stazione mi sono dato da fare per cercare una sistemazione, c’e’ da dire che a Sydney il livello degli ostelli e’ leggermente piu’ basso rispetto al resto dell’Australia. Avevo optato per il CB Private Hotel che si trova in posizione strategica per la visita della citta’, visto che purtroppo era al completo ho dovuto optare dopo diverse telefonate per Backpackers Connection che si trova a Kings Cross il quartiere ‘rosso’ di Sydney.

Per girare la citta’ con i mezzi pubblici si possono acquistare diversi tipi di pass, quello piu’ completo da la possibilita’ di usare tutti i mezzi per 3 giorni (compresi i traghetti) al costo di 60 A$, secondo me comunque non vale la pena comprarlo visto che la citta’ non e’ poi enorme, io ho preso il pass per i soli bus che costa 10 A$ al giorno e quando necessario usavo la metropolitana.

La citta’ mi e’ piaciuta tantissimo, ha un’atmosfera tutta particolare, e’ forse la citta’ piu’ caotica dell’Australia ma in ogni caso vivibilissima. Come prima cosa sono andato nella zona di Circular Quay per vedere la mitica Opera House e l’Harbour Bridge che ho fotografato in tutte le salse. Da questo punto partono anche i traghetti che girano per tutta la baia, vale la pena prendere quello che arriva a Darling Harbour che per 1,5 A$ da la possibilita’ di attraversare quella che viene definita una delle baie piu’ belle del mondo. Sotto l’Harbour Bridge si trova The Rocks, una serie di vecchi magazzini che sono stati ristrutturati e che ospitano ora negozi e ristoranti, da qui inoltre si puo’ raggiungere uno dei piloni del ponte dalla cui cima si gode una bellissima vista.

Nella zona di Darling Harbour si trova un bel acquario, un centro commerciale dove si possono fare ottimi acquisti, musei vari ed e’ anche possibile anche visitare un sottomarino russo. Da questo quartiere passa anche la monorotaia (monorail) che attraversa anche parte del centro e su cui e’ piacevole farsi un giretto.

Il quartiere di Kings Cross come gia’ detto e’ pieno di ‘localini’, mentre si cammina lungo la via principale si e’ assaliti dai buttadentro che cercano nuovi clienti; oltre a questo comunque e’ la zona con la piu’ alta concentrazione di ostelli e si trovano ottime occasioni soprattutto per la compra/vendita di autoveicoli.

Proprio nel centro della citta’ si trova la Sydney Tower alta 305 metri, avevo deciso di andarci di sera per scattare delle foto, una volta arrivato in cima ho scoperto pero’ che proprio davanti alla torre c’e’ un grattacielo poco piu’ basso che rovina tutta la vista coprendo completamente la parte della baia in cui si trova l’Opera House.

Il penultimo giorno mi ero riproposto di andare a Bondi Beach per vedere i surfisti e prendere il sole, naturalmente il cielo era coperto e il mare calmo cosi’ mi sono dovuto limitare a passeggiare lungo la spiaggia, l’occasione e’ servita comunque per fare un giro panoramico della citta’ in bus, ho attraversato tra gli altri il quartiere di Paddington dove si possono ammirare delle belle case in stile Vittoriano.

Il giorno della partenza naturalmente splendeva il sole, cosi’ mentre i miei compagni di camera andavano in spiaggia io ho preso il bus per l’aeroporto da cui in ‘sole’ 26 ore di volo avrei raggiunto casa!!!

 

Copyright © 1999 Giuseppe Ruperto. Tutti i diritti riservati.