21°, 22° GIORNO

Tornato a Delhi, già il giorno seguente sono ripartito per ritornare nel nord, e precisamente in quella che è considerata la regione più sviluppata e ricca dell’India, il Punjab.
Il Punjab è la regione dei Sikh, una religione famosa nel mondo per i caratteristici turbanti indossati dai propri fedeli e per avere sempre avuto un ruolo chiave nella storia dell’India (oggi annoverano al proprio interno molti dei personaggi più potenti ed influenti del paese).
Questa religione può essere considerata come una specie di incrocio tra induismo (concetto di reincarnazione) e islam (monoteismo e rifiuto dell’idolatria) e il luogo in assoluto più sacro è il Golden temple ad Amritsar dove sono giunto la sera del 22° giorno di viaggio.

 

23° GIORNO

Ovviamente ho iniziato la visita di Amritsar con il Golden temple, qualcosa di inimmaginabile per bellezza e sfarzo; all’interno di una grande costruzione bianca si trova un grande lago artificiale al centro del quale è situato questo tempio in marmo a due piani, che si raggiunge seguendo una passatoia rialzata. La cupola si dice che sia stata dorata con 100 kg d’oro puro e rappresenta un fior di loto rovesciato.

L’interno del tempio è ancora più suggestivo; alle estremità del tempio si trovano perennemente, a turno, quattro sacerdoti che leggono senza sosta, e a gran voce, alcuni brani del testo sacro dei sikh, il cui originale è custodito all’interno del tempio; ho iniziato il percorso attraversando la passatoia, dove alcune persone camminavano sulle ginocchia, per poi entrare e ritrovarmi in schiacciato da una marea di pellegrini intenti ad assistere alle meditazioni e alle preghiere di vari “guru” che, seduti per terra su tappeti rossi e circondati da molti fedeli leggevano, accendevano candele e ricevevano i vari prasaad (offerte di cibo come atto di culto).
Dopo aver seguito il percorso interno fatto di scale e stanzoni ricchissimi di ornamenti, sono uscito e gli inservienti mi hanno offerto il prasaad che i fedeli offrivano all’interno del tempio.
Uscito dal complesso del Golden temple, mi sono diretto verso la città vecchia, un’incredibile rete di viottoli strettissimi, intasati da motorini, ciclorisciò, carretti e pedoni; per fare, a piedi, 200 metri credo di aver impiegato non meno di mezz’ora!
Ho deciso poi di entrare nel Jallianwala Bagh, un parco che commemora 2000 indiani che vennero uccisi o feriti dal fuoco britannico, rei di essersi ritrovati per manifestare contro l’arroganza colonialista (questa tragedia è mostrata anche nel bellissimo film “Gandhi”). Al centro del parco c’è una grande scultura, mentre alle estremità si trova un piccolo museo e un profondo pozzo dove trovarono la morte 120 persone nel tentativo di sfuggire alla carneficina.
Un luogo molto più divertente che ho potuto vistare ad Amritsar è il Mata temple; qui vengono soprattutto donne che desiderano avere figli per pregare una santa (con gli occhiali) vissuta nel XX secolo. Entrando, ho notato subito che c’era qualcosa di strano, in quanto oltre alle donne c’erano un sacco di bambini che correvano come matti da tutte le parti, apparentemente senza alcun rispetto, che gli indiani normalmente devono ai luoghi sacri. In più, da diversi amplificatori uscivano note di musiche alquanto allegre e “moderne”; sempre più incuriosito mi sono, quindi, addentrato nel tempio salendo gli scalini che portavano al piano superiore; da qui in poi ho smesso di essere in un luogo sacro…ero a Disneyland!!! Una serie di grotte con statue di cera delle divinità in movimento, porte alte 50 cm da superare strisciando letteralmente sul pavimento, piccoli torrenti d’acqua da seguire con i pantaloni alle ginocchia per non inzupparsi; tutto ornato da giochi d’acqua, musichette e luci intermittenti…mi sono divertito un mondo!
Da Amritsar avrei voluto andare in Pakistan (il confine si trova a soli 26 km), ma la situazione politica in quel momento me l'ha sconsigliato (stesso discorso vale per il Kashmir, un altro sogno che per adesso rimarrà tale).

 

24°, 25°, 26°, 27°, 28° GIORNO

All’alba del 24° giorno sono partito in treno da Amritsar in direzione di Pathankot, dove, con l’autobus sono andato a Mcleod Ganj (chiamato anche Upper Dharamsala), un bel villaggio di montagna famoso in tutto il mondo per essere la sede del governo tibetano in esilio.
Ho deciso di rimanere qui per alcuni giorni, vista la grande quantità di luoghi artistici e naturali presenti nella zona; ho deciso di pernottare in un piccolissimo villaggio a 2 km dal paese, Baghsu.
Ho visitato la residenza ufficiale del Dalai Lama, un palazzo piuttosto moderno e senza alcun fascino (soprattutto pensando al Potala di Lhasa), dove ho assistito a diversi dibattiti politici di monaci tibetani che combattono contro la dominazione cinese nel loro paese. E’ effettivamente molto triste vedere una popolazione così ricca di storia e cultura costretta ad un esilio forzato in un paese tanto diverso da proprio (sottolineando, però, la grande generosità dell’India nell’accogliere senza problemi questi profughi).

Mi sarebbe piaciuto poter vedere il Dalai Lama, ma egli in quei giorni era a…Strasburgo!
La cosa che più colpisce di a McLeod Ganj è la quantità di monaci buddisti che si possono incontrare per le strade; è gente molto simpatica, sempre pronta a sorridere a qualsiasi straniero che incrociano. 
Passeggiando in un piccolo complesso buddista, ho avuto l’occasione di assistere ad alcune lezione scolastiche di piccoli bambini tibetani nei loro caratteristici abiti rosso-giallo e completamente rasati in testa; pur non avendo capito nulla delle lezioni mi sono divertito molto nell’osservarli e nell’essere osservato con tanta simpatia.
Il resto delle giornate l’ho trascorsa facendo lunghi trekking tra le montagne circostanti, attraverso stupendi sentieri a picco nel vuoto sottostante; la temperatura era più che ideale (alla sera quasi fredda). Nel villaggio dove alloggiavo, poi, c’era una suggestiva cascata che arrivava a formare una piscina naturale (gelida) dove alcuni monaci, grandi e piccoli, facevano il bagno in completo relax.

L’ultimo giorno l’ho dedicato agli acquisti; gioielli, coperte e seta a prezzi inimmaginabili per l’Europa.
Alla sera ritorno a Pathankot, per salire sul treno che mi avrebbe riportato nuovamente, per l’ultima volta a Delhi.